Durante
il Cinquecento si decantavano le proprietà miracolose
di due strani oggetti: il corno del liocorno
e il bezoar.
Il corno del liocorno
è citato da quasi tutti i medici del XVI secolo come
rimedio non solo contro qualsiasi veleno, ma anche contro
l’ubriachezza, l’epilessia, le convulsioni nelle
febbri pestilenziali etc.
Il corno è in realtà il dente di un cetaceo
marino, il narvalo.
Anche del bezoar,
un calcolo di ruminante, si dicevano meraviglie soprattutto
come rimedio contro la melanconia, le punture di animali velenosi,
etc. La parola bezoar deriva, secondo alcuni, dal corrispondente
persiano: rimedio (Pa, bad, bed) e da veleno (Zahar).
La fiducia nell’azione terapeutica
del corno del liocorno e del bezoar durò fin verso
la fine del XVI secolo, ma pian piano l’osservazione
più accurata e l’esperimento cominciò
a farsi strada e cominciarono a sorgere dei dubbi sulle doti
di queste sostanze.
Tra i rimedi strani e considerati miracolosi non si può
dimenticare la triaca.
Già usata nell’antichità, divenne popolare
a partire dal Cinquecento.
La sua composizione, gelosamente tenuta segreta dagli speziali,
variava considerevolmente da città a città.
Centinaia di ingredienti, di origine organica e inorganica,
venivano uniti in un enorme mortaio per essere amalgamati.
Data la grande quantità di principi attivi presenti,
la sua somministrazione riusciva ovviamente ad ottenere sempre
qualche risultato: da qui la grande diffusione di questo medicamento
e la sua persistenza nei testi specialistici e nelle farmacopee
dove, sorprendentemente, continuerà ad essere citato
fino al 1850.
Per la sua conservazione si dovevano usare appositi recipienti
con sistemi di chiusura che ne assicurassero la non adulterazione.
L’ingrediente principale era la carne di vipera, perché,
secondo le credenze di allora, un animale velenoso possedeva
nel suo corpo l’antidoto contro tale veleno.
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Palla di bezoar (XVI secolo)
Il "corno" di liocorno (XVI secolo) |