Il Museo è situato
nell’ala secentesca dell’Ospedale
Santo Spirito in Sassia. Forse
anche per questo è un po’ dimenticato rispetto
ai musei “nazionali”, ma è unico nel
suo genere, e documenta con accuratezza il percorso che
lentamente portò la medicina, la chirurgia e la farmacologia
dall’ambito originario della magia a quello scientifico.
Fu inaugurato nel 1933, ideato dai professori Pietro
Capparoni e Giovanni Carbonelli
con il contributo del generale Mariano Borgatti; questi
vollero raccogliervi le loro collezioni aggiungendole al
fondo dell’antico Museo Anatomico. Esso sorgeva (come
ci racconta A. Canezza, Gli Arcispedali di Roma nella
vita cittadina, nella storia e nell’arte, Roma
1933) nel Braccio Nuovo, saldato all’edificio Sistino
in direzione di Castel Sant’Angelo, voluto da Benedetto
XIV (1748-1758). Per una serie di sfortunate coincidenze
tale costruzione non è arrivata fino a noi, essendo
stata distrutta durante i lavori per il lungotevere.
L’antico Museo Anatomico aveva una funzione non solo
conservativa degli “oggetti”, ma soprattutto
didattica; insieme al teatro anatomico era il gabinetto
di anatomia per gli studenti, dove si dissezionavano i cadaveri
e si mostravano le preparazioni o i modellini per far comprendere
meglio l’anatomia. Alcune collezioni sono visibili
ancora oggi, come i preparati anatomo-patologici e le cere
anatomiche (sala Flajani),
le tavole anatomiche di Paolo
Mascagni e i dipinti a olio appartenuti
a Guglielmo Riva,
celebre anatomista e chirurgo dell’Ospedale
romano della Consolazione (sala
Alessandrina).
Il primo direttore del Museo fu Giuseppe
Flajani che, fino al 1808, anno
in cui morì, si dedicò con passione a riordinare
e arricchire la raccolta con nuove collezioni di preparati
anatomici.
A lui seguirono il figlio Gaetano,
poi i chirurghi primari Antonio
Speroni e Gaetano
Olivieri, e per ultimo il chirurgo
di papa Pio IX, Giuseppe
Costantini (1801-1871).
Con la morte di quest’ultimo, il Museo perse la sua
vitalità.
Nel dicembre del 1870
l’anfiteatro anatomico, fino ad allora riservato alle
cerimonie solenni ed accademiche, venne destinato all’insegnamento
della Fisiologia sperimentale e di Anatomia patologica.
In occasione di tali cambiamenti le collezioni vennero cedute
all’Università.
Nel 1911,
in occasione del cinquantesimo anniversario della Proclamazione
del Regno d’Italia, si tenne l’Esposizione
Internazionale di Roma di Arte Retrospettiva
a Castel Sant’Angelo, dove - per iniziativa dei professori
Pietro Capparoni e Giovanni Carbonelli, con la consulenza
del generale Mariano Borgatti - furono esposti la ricostruzione
di una farmacia del XVII secolo e di un laboratorio alchemico
e una sezione dedicata alla storia della medicina. In questa
occasione venne rilanciata l’idea di costituire un
Museo di Storia dell’Arte Sanitaria, anche per non
disperdere il materiale della mostra. Fu così che
nel 1920
nacque l’Istituto per
il Museo Storico dell’Arte Sanitaria
(ISIDAS),
che nel 1934 si trasformò in
Accademia di Storia dell’Arte Sanitaria
(ASAS)
con lo scopo di promuovere studi storico-medici e soprattutto
dare vita a un Museo.
Nel 1929
il Pio Istituto Santo Spirito concesse una sede all’interno
dell’Ospedale, e precisamente l’ex corsia Alessandrina.
L’attuale Museo è composto quindi dalle collezioni
storiche, integrate con materiali provenienti dalla Mostra
del 1911 e con altre collezioni aggiuntesi in seguito.
La prima in ordine di tempo fu quella donata al Museo da
Pietro Capparoni, seguita nel 1931 da quella che Giovanni
Carbonelli aveva donato al Comune di Roma nel 1918 e consegnato
in deposito permanente al Museo.
A queste due più importanti collezioni, nel 1939
si aggiunse quella del generale A. Cavalli Mulinelli.
Negli anni successivi si aggiunsero quelle di Giuseppe Ovio
e Orlando Solinas.
Negli oggetti esposti, i visitatori che si interessano di
storia della medicina possono trovare una dettagliata documentazione
non solo dell’arte chirurgica ma anche di quella ostetrica
e farmaceutica, nonché delle malattie che hanno colpito
gli uomini nel passato. Per il visitatore meno specializzato,
gli oggetti parlano il singolare linguaggio della curiosità.